((From Il Sole, 16 October 2008)

Il rock «industriale» dei Killing Joke a Milano

«Immagina un soldato in trincea durante la Prima guerra mondiale. Gli è stato ordinato di correre per guadagnare, diciamo, altri 15 miseri piedi di terra e sa che morirà, e immediatamente pensa che c’è un qualche grasso stronzo a Westminster che controlla la sua vita, e rendendosene conto si sente un idiota. Vittima di uno scherzo fatale». In inglese, killing joke. È così che il cantante e tastierista Jeremy “Jaz” Coleman ha spiegato il senso da cercare nel nome della sua band. Era il 1981 e i londinesi Killing Joke erano in circolazione soltanto da un paio d’anni, ma avevano già all’attivo un gioiellino new wave come l’omonimo album «Killing Joke», uscito nell’agosto del 1980.

Sono passati quasi 30 anni e il gruppo, funestato da un’intricata sequenza di cambi di formazione – oltre a Coleman, l’unico membro costante è stato il chitarrista Geordie Walker – torna alla line up orinale, con Martin”Youth” Glover al basso e Paul Ferguson alla batteria, per un tour che venerdì e sabato farà scalo al Rolling Stone di Milano. Tour doppio, si potrebbe chiamare, visto che pressoché ogni tappa si compone di due serate: la prima dedicata all’esecuzione integrale dei primi due album (oltre al già citato Killing Joke, il successivo «What’s this for?» del 1981), la seguente occupata invece dai brani contenuti in «Pandemonium» del 1994, più alcuni vecchi singoli.


Scelta arbitraria, non c’è che dire, per una band con all’attivo almeno 13 album di studio e una valanga tra singoli, live e compilation. L’ultimo capitolo di questa sterminata discografia è uscito venerdì, si chiama «The Peel Sessions ‘79-‘81» e contiene 17 registrazioni radiofoniche live fatte a suo tempo per la Bbc. Il doppio appuntamento di Milano è così un’occasione per tastare il polso a un gruppo intenzionato a non far rimpiangere i vecchi tempi. Quando la primitiva e inconsapevole ondata selvaggia del punk andava scemando e si cominciava a ibridarne la furia con innesti sonori diversi. Una strada percorsa dai mostri sacri Joy Division e, appunto, dai Killing Joke, che mescolarono new wave e ritmi tribali, elettronica ed heavy metal, generando un sound da molti ritenuto una delle prime espressioni compiute del neonato industrial. Difficile trovare una band che abbia segnato così tanto il rock degli anni Novanta. Tra i “debitori dichiarati”, spiccano i nomi di Nirvana, Metallica, Faith No More, Korn, Jane's Addiction e, soprattutto, Nine Inch Nails. Tutti fan sfegatati del suono distorto, brutale e disperato di Coleman e soci. Quelli che iniziarono a portare il punk in fonderia.